La nuova arte comincerà davvero quando capiremo che il colore ha un’esistenza sua propria, che le sue infinite combinazioni hanno una poesia e un linguaggio poetico molto più espressivi di qualsiasi altra cosa mai esistita prima. 
Sonia Delaunay, "Atelier Simultané 1923-1934", Mazotta, Milano 2002

Colore, materia, forma, tecnica, percezione visiva e traduzione espressiva sono tutti elementi funzionali alla produzione di un’immagine. Nella storia dell'arte, il colore è stato certamente uno dei principali strumenti a disposizione dell’artista per tradurre il soggetto rappresentato veicolandone un ricco campionario di sfumature simboliche ed emotive.
La percezione del colore non è la semplice registrazione della radiazione fisica elettromagnetica, bensì la mediazione che avviene tramite processi fisiologici in base ai quali l’occhio umano riesce a distinguere circa 350.000 tonalità cromatiche.
Fin dai primordi, l'uomo ha imparato a sfruttare le risorse naturali per procurarsi i pigmenti utili a dar voce alle proprie necessità espressive. Nella storia dell'arte e presso le differenti culture, il colore è stato dunque interpretato in modalità radicalmente diverse tra loro, anche molto distanti dall'esperienza visiva, tracciando così un forte legame tra il suo utilizzo e il substrato culturale ed esperienziale. Nell'arte egizia, ad esempio, il colore si manifesta con la ricerca di una policromia luminosa, impostata sul contrasto piuttosto che sull'accostamento delle tonalità. Diversamente, nel Medioevo il blu oltremare, il vermiglione e l’oro, colori ricavati da pietre sminuzzate e materiali  preziosi, assumono una posizione centrale nella composizione dell'opera e, per una cultura che pone prezzo e pregio sullo stesso piano, sono indicatori del valore del soggetto rappresentato o dell'importanza della committenza.

Isaac Newton fu il primo ad affermare come il colore non sia una qualità insita nei corpi, bensì una prerogativa della luce che, costituita da microscopiche particelle, può essere scomposta nei sette colori dello spettro. In base a questa teoria, ciascun colore corrisponde a un diverso indice di rifrazione della luce. La ricerca di Robert Delaunay attorno alla scomposizione del colore è evidente nei suoi Dischi solari (1914), quadri mutuati dalla ruota cromatica newtoniana e definiti “frammenti d’arcobaleno”. Nel 1810 Johann Wolfgang von Goethe provò a smentire quanto sostenuto da Newton nella sua Teoria dei Colori, saggio che non godette di molta fortuna presso gli ambienti scientifici, ma che ebbe seguito presso filosofi e artisti quali William Turner, Vasily Kandinsky, Paul Klee, Josef Albers.
Ne Lo spirituale nell'arte, Kandinsky teorizza la capacità del colore di scatenare una duplice reazione sull'osservatore: una fisica e l'altra psichica dovuta alla vibrazione spirituale attraverso cui esso raggiunge l'anima. Un'ulteriore rivoluzione in questo campo, si verifica con Jackson Pollock che, per una miglior resa della tecnica del dripping, utilizza smalti lucidi ad uso domestico e industriale. Diversamente gli esponenti del movimento Color Field, ovvero pittura a campi di colore, escludono qualsiasi interesse per il segno, la forma o la materia. Mark Rothko, ad esempio, utilizza accostamenti di colori in contrasto tra loro e ampie campiture dai contorni non ben delineati per tradurre un mondo interiore profondo e trascendente. Yves Klein si concentra, invece, sullo studio del colore puro tanto da brevettare l'International Klein Blue, un blu brillante dall'aspetto opaco ottenuto da una resina diluita con etanolo e acetato d’etile con il quale realizzò una serie di tele monocrome. Più recentemente, Sol Lewitt ha ripreso la sperimentazione attorno al colore per i suoi lavori nei quali combina l'uso della geometria e delle linee con tonalità perlopiù pure e sgargianti. Visti i radicali mutamenti avvenuti nel XX secolo nell'utilizzo del colore e considerato come questo sia da sempre elemento fondamentale nella produzione artistica, nuovi orizzonti si apriranno certamente nella ricerca contemporanea.

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