Peccato di vanità domina i miei occhi, l’intera anima mia ed ogni mio altro senso; e per questo peccato non v’è alcun rimedio, tanto è radicato nell’intimo del mio cuore. Penso che nessun volto sia gentile quanto il mio. Né forma piú perfetta, o perfezione sí pregiata; e al mio proprio merito attribuisco tal valore ch’io supero ogni altro in qualsiasi campo. Ma quando lo specchio mi svela come sono, colpito e disfatto da consunta vecchiaia, leggo al rovescio questo amore di me stesso: sarebbe cosa infame amare quell’io che vedo. Sei tu, il mio vero io, che elogio invece mia, rinverdendo la mia età col colore dei tuoi anni. 
William Shakespeare, Peccato di vanità domina i miei occhi, Sonetto 062

Le superfici riflettenti e gli specchi sono gli strumenti attraverso i quali l’uomo ha scoperto e scrutato la propria immagine esteriore, il volto e le parti del corpo altrimenti non visibili. Simbolo di veritas per la loro proprietà riflettente, nella cultura occidentale costituiscono la personificazione della vanitas. Oggetto di uso comune, per la sua natura lo specchio è un elemento utilizzato di frequente in letteratura: da Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, dove esso diventa il viatico per un mondo fantastico e completamente rovesciato, al romanzo di Robert Louis Stevenson, in cui lo specchio svela al dottor Jekyll la presenza del malefico Mr. Hyde e il lato perverso della sua natura. Riscontrabile in tutta la storia dell’arte, dalla Donna allo specchio (1512-15) di Tiziano, passando per la Venere allo specchio di Piet Paul Rubens (1615) fino alla Toilette (1912) di Ernst Ludwig Kirchner, per le sue suggestive e numerose possibilità utili ai fini della rappresentazione, lo specchio esercita il suo fascino sugli artisti di tutti i tempi. Celebre è lo specchio convesso del Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) opera del pittore fiammingo Jan van Eyck che pone questo dettaglio enigmatico al centro del quadro per rivelare il rovescio della stanza, per mostrare la coppia di sposi ripresi di spalle e una porta aperta con due personaggi in piedi, uno dei quali potrebbe essere il pittore stesso. Nell’arte moderna e contemporanea, lo specchio assolve inoltre al ruolo di includere lo spettatore all’interno dell’opera, come nel caso di Scena per una fiaba (1942) di Joseph Cornell, delle superfici specchianti di Michelangelo Pistoletto o dei padiglioni di Dan Graham.

Diversamente, in Ragazza allo specchio (1932) di Pablo Picasso, l’immagine riflessa restituisce la traduzione simbolica dell’anima del soggetto rappresentato. Gli artisti di epoca moderna, liberati dai vincoli imposti dalla committenza, superano l’intento di illustrare quanto restituito dal mondo fenomenico esteriore cercando invece di tradurre l’interiorità, la vera e profonda natura del soggetto. I numerosi ritratti e autoritratti realizzati dagli esponenti delle avanguardie sono la testimonianza di come l’uomo costruisca la propria identità distinguendola dall’immagine offerta dallo specchio. Giorgio de Chirico scrive “Pictor classicus sum” sotto il suo autoritratto, esprimendo il desiderio di essere ricordato come artista legato alla classicità greca e rinascimentale, mentre Salvador Dalí si rappresenta come una maschera molle, sovrapponendo se stesso alla propria poetica artistica. Il ritratto di Miss Sélavy, invece, non è altro che l’alter ego femminile di Marcel Duchamp, mentre il mitico uccello Loplop rappresenta nei dipinti l’alter ego dell’artista Max Ernst. Lo studio del ritratto e dell’autoritratto nelle avanguardie del Novecento permette la distinzione tra l’occhio e lo sguardo, tra il vedere e il comprendere e la riflessione tra l’esteriorità e l’interiorità nelle sue diverse caratterizzazioni quali la psiche, la mente e la spiritualità. Il medesimo concetto viene elaborato anche da Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray, dove la progressiva decadenza fisica del corpo del personaggio principale è mostrata da un quadro che di fatto assolve alle funzioni dello specchio dell’anima.

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