Arte e matematica

“L'amore della precisione e della brevità essenziale mi ha dato naturalmente il gusto dei numeri.. . .  Per esempio, sarebbe stata necessaria almeno un'intera pagina di descrizione, per dare questo vastissimo e complicato orizzonte di battaglia, che ho trovato invece questa equazione lirica definitiva: ‘orizzonte = trivello acutissimo del sole + 5 ombre triangolari (1 km di lato) + 3 losanghe di luce rosea +5 frammenti di colline + 30 colonne di fumo + 23 vampe’”. Filippo Tommaso Marinetti, Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica, Direzione del Movimento Futurista, 1914

Nel VI secolo a.C. Pitagora, filosofo e matematico greco, definì “amicabili” o “amici” due numeri che sono ciascuno la somma di tutti i divisori dell’altro. Queste due cifre sono pertanto diverse tra loro ma strettamente interconnesse l’una all’altra. Lo stesso si può dire del rapporto tra arte e matematica, due discipline apparentemente opposte ma, in realtà, complementari.

Il matematico analizza la realtà avvalendosi di regole che ricerca all’interno della stessa; diversamente, l’artista applica i principi dell’arte e traduce la realtà ricomponendola, con sguardo sempre diverso a seconda di molteplici fattori storici, geografici, individuali.
La relazione tra le arti e la matematica è sempre stata riconosciuta e praticata: lo scultore greco Policleto, ad esempio, costruì la perfetta figura umana ricorrendo alla sezione aurea; Filippo Brunelleschi, scultore, architetto, ingegnere, per primo introdusse la prospettiva, poi disciplinata e divulgata da Leon Battista Alberti; infine, Leonardo da Vinci, nel 1490 circa disegnò l’Uomo vitruviano, celebre rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano perfettamente inscritto in un cerchio e in un quadrato.

Grazie a un contesto culturale di rottura e di grande rinnovamento, nel Novecento questo rapporto di complementarietà tra le due discipline si arricchisce di ulteriori sfumature.
In Du Cubisme (1912) Albert Gleizes scrive: “Nel suo tentativo verso l’eterno, il Cubismo spoglia dovunque le forme dalla loro realtà geometrica, le equilibra nella loro verità matematica”. Questo rifiuto dell’oggettività segna l’inizio del processo di astrazione.
Dalla matematica, le avanguardie storiche traggono principi differenti: in Punto, linea, superficie (1926), Vasily Kandinsky costruisce una sorta di geometria qualitativa indagando l’essenza degli elementi che compongono la pittura, per ricondurli a rigidi schemi geometrici e astratti. In maniera analoga ma indipendente, Kazimir Malevich, Piet Mondrian, Georges Vantongerloo e Theo van Doesburg coniugano nelle loro composizioni un forte rigore matematico e un rimando spirituale. Per i futuristi, invece, la matematica si traduce nella celebrazione dei numeri interi e in un gesto ribelle, rivoluzionario al punto tale da combinare cifre senza alcuna regola, declinandole in espressioni comiche e senza senso, come si può vedere in Numeri innamorati, opera di Giacomo Balla del 1920 (MART, Rovereto).  Nel 1970, inoltre, l’artista Mario Merz interpreta il numero e la sequenza di Fibonacci come emblematica di quell'energia propria della materia e dei processi insiti in natura.
Nei secoli, l’arte ha guardato alla matematica per rendere un ideale di bellezza o per regolamentare le norme della rappresentazione ma, al contempo, essa è stata in grado di tradurre visivamente regole e formule altrimenti astratte e mute.

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