La donna e la sua rappresentazione

Le odalische erano i numerosi frutti di una felice nostalgia, di un sogno bello e vivo, e di un’esperienza vissuta quasi nell’estasi del giorno e della notte, nel fascino di un climaˮ.
Henry Matisse, Scritti e pensieri sull’arte, Abscondita, Milano 2003.

Che fossero figure storiche o personaggi frutto dell’immaginazione, da sempre le donne sono state fonte d’ispirazione per scrittori e artisti che, nei secoli, le hanno immortalate in memorabili versi o in splendide opere d’arte. Cosa sarebbe l’Iliade senza Elena, la Divina commedia senza Beatrice, I promessi sposi senza Lucia o la storia dell’arte senza capolavori come La Gioconda leonardesca o La nascita di Venere del Botticelli?

Presso molte antiche civiltà la donna incarna virtù come grazia, bellezza e fertilità. La rappresentazione dell’universo femminile nella storia dell’arte passa principalmente attraverso l’iconologia sacra e religiosa che, con il Cristianesimo, individua in Maria, madre di Gesù, il soggetto privilegiato e la personificazione dei valori salvifici della Chiesa.
Le figure femminili, che comparivano già in rappresentazioni laiche, durante il Rinascimento diventano soggetti di committenti, personaggi nobiliari o figure simbolico-mitologiche; se la nascita della borghesia darà un primo impulso, sarà solo nel corso dell’Ottocento, soprattutto con l’avvento dell’Impressionismo, che si avrà finalmente una rappresentazione più realistica della donna nella propria contemporaneità.

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, importanti cambiamenti sociali trasformano il ruolo della donna, che progressivamente acquisisce una maggiore autonomia e consapevolezza e, soprattutto nelle aree industrializzate e urbane, ha finalmente accesso al mondo del lavoro, allo studio e, dopo lunghe battaglie, al diritto di voto. La produzione artistica delle avanguardie storiche interpreta i molteplici aspetti del complesso processo di emancipazione della donna e, contestualmente, traduce la crisi dell’ideale femminile nell’arte.

Le ricerche di Amedeo Modigliani, come quelle cubiste, rimandano agli stilemi desunti dall’arte africana e primitiva. La scomposizione dei corpi operata da Pablo Picasso e Georges Braque crea effetti di grande espressività, la cui sintesi formale evidenzia il disfacimento del soggetto e la sua crisi d’identità. Le sculture e i nudi femminili di Marino Marini si ispirano, invece, a Pomona, dea etrusca della fertilità, che per l’artista diviene allegoria di Madre Natura e incarnazione di un mondo agreste e bucolico. Diversamente, nei manifesti futuristi s’inneggia al disprezzo della donna che, secondo un modello maschile, è vista come remissiva, sdolcinata, gelosa e moralista.

Gli artisti surrealisti, infine, concepiscono il mondo femminile come il trait d’union tra uomo, natura e inconscio, e come via d’accesso privilegiata alla sfera irrazionale. Alle donne sono attribuiti di volta in volta il ruolo di donna-bambina, musa, vergine, oggetto erotico o emblema della rivoluzione. Nell’onirico immaginario surrealista, la donna esce dal tradizionale ruolo di moglie e madre per tramutarsi in una serie di personaggi fantastici e anticonvenzionali, quali streghe, incantatrici, sirene o sfingi. L’amore dei surrealisti per le figure femminili si accompagna spesso al rifiuto e allo sgomento verso le stesse, come nell’opera di Alberto Giacometti, Joan Miró e Salvador Dalí.

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