Arte e poesia

“La pittura è poesia silenziosa, e la poesia è pittura che parla”
Simonide citato da Plutarco, Sulla gloria degli ateniesi, (I sec.)

Il legame fra poesia e pittura è stato approfondito e dibattuto fin dai tempi antichi.  Nell’Ars Poetica (13 a.C.) il poeta latino Orazio formula la locuzione “ut pictura poësis”, che letteralmente significa “come nella pittura così nella poesia”. Nel Rinascimento, quando viene meno la distinzione medievale tra arti liberali e meccaniche, l’arte come oggigiorno intesa si emancipa da scopi utilitaristici o finalità morali e si lega al concetto di creazione intellettuale, mentre il ruolo dell’artista viene equiparato a quello dello scienziato. Nel Trattato della pittura (1540 ca.) Leonardo da Vinci annota che, fra le scienze, la pittura è la prima poiché si rivolge all’occhio, il più nobile degli organi sensoriali che “non ha bisogno di interpreti ... come (invece) hanno le lettere”. Nel Settecento lo scrittore inglese Laurence Sterne, in Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo (1759), sostituisce talvolta il testo con tecniche grafiche (spazi vuoti, segni grafici), precorrendo così le ricerche di alcune avanguardie del XX secolo. Nel Novecento sono infatti numerose le sperimentazioni tra arte e poesia. I Calligrammes (1913–16) di Guillaume Apollinaire che inaugurano la forma espressiva del verso-liberismo e la poesia Un Coup de dés n’abolira jamais le Hasard (Un colpo di dadi mai abolirà il caso) di Stéphane Mallarmé del 1914, i cui i versi sono distribuiti in maniera evocativa nello spazio della pagina, sono solo alcuni esempi delle ricerche letterarie e poetiche attorno e oltre la parola. Il medesimo interesse può essere contestualmente riscontrato nelle arti visive. Mentre Filippo Tommaso Marinetti sperimenta le Parole in libertà, altri artisti futuristi introducono onomatopee, lettere e parole in collage e opere pittoriche. Nel 1916 Tristan Tzara fonda il Dadaismo, descritto nel testo teatrale La Première aventure céleste de M. Antipyrine (1916). A Zurigo, i dadaisti danno a vita al Cabaret Voltaire dove, tra le altre cose, organizzano spettacoli di poesia simultanea e mostre. Grazie all’avanguardia surrealista, invece, nasce il cadavre exquis, gioco che consiste nel comporre un disegno o un testo grazie al contributo di più persone che non sono a completa conoscenza dell’intervento degli altri. Questa tecnica consente di creare collegamenti automatici e di ottenere disegni o componimenti surreali, senza un vero filo logico. A partire dagli anni ’50 la poesia visiva, fenomeno ibrido che si diffonde a livello mondiale, sperimenta le diverse potenzialità espressive insite nella composizione testuale. Nel dopoguerra, l’artista e poeta Emilio Villa sperimenta una scrittura nella quale si fondono idiomi stranieri e dialettali, mentre il poeta Carlo Belloli anticipa le sperimentazioni dei brasiliani Augusto e Haroldo de Campos e Décio Pignatari, che nel 1952 fondano il Grupo Noigandres, che propone linguaggi e forme di comunicazione inediti sia in ambito letterario che nelle arti visive. In Italia, nel 1963 Lamberto Pignotti e Eugenio Miccini insieme ad altri poeti, pittori e musicisti fondano il Gruppo ’70, mentre nel 1969 Adriano Spatola pubblica Verso la poesia totale. Numerose sono state le figure ibride di “scrittori-artisti” e di “artisti-scrittori”, come ad esempio Lewis Carroll che illustra il manoscritto originale di Alice nel paese delle meraviglie (1865), Jean Cocteau che è scrittore, regista, sceneggiatore e librettista, e Osvaldo Licini, pittore, letterato e poeta che nel 1974 pubblica Errante, erotico, eretico.

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