Biografie e autobiografie

Raccontare le vicissitudini della propria esistenza costituisce un bisogno e un conforto per l’essere umano che trova nella scrittura sfogo, piacere e sollievo. Scritti privati, diari e lettere di personaggi illustri costituiscono documenti preziosi che permettono di ricostruire profili intimi di alcune delle grandi personalità dei secoli scorsi. Pensieri (170–180 circa) di Marco Aurelio è una raccolta di riflessioni private dell’imperatore romano; Confessioni (398 d.C.) di Sant’Agostino racconta l’esperienza di conversione del filosofo e teologo romano; nel Secretum (1347–53) Francesco Petrarca parla del suo turbamento d’animo, in un diario che non avrebbe voluto pubblicare. Il genere autobiografico si è da sempre intrecciato con quello biografico che nasce nel mondo greco e romano con la Ciropedia (IV sec. a.C.) di Senofonte e Le vite parallele di Plutarco e il De viris illustribus di Gaio Svetonio Tranquillo (I-II secolo d.C.). Se nel Medioevo il genere biografico corrisponde all’agiografia (descrizione delle vite dei santi), nel Rinascimento viene degnamente rappresentato da Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architetti (1550) di Giorgio Vasari, che contiene 168 biografie di artisti italiani, tra cui Giotto, Michelangelo e Tiziano. Le biografie del Vasari, utili a tracciare  il profilo di grandi maestri, delineano al contempo ritratti intimi e personali grazie al racconto di aneddoti, alcuni di dubbio fondamento. La biografia e l’autobiografia trovano una corrispondenza nel campo delle arti visive nella ritrattistica e nell’autoritratto. Se nel mondo antico il ritratto costituisce soprattutto un ricordo del defunto, nel Rinascimento assume ben altro significato quando diventa uno status symbol dell’alta borghesia, come nel caso dei ritratti dei duchi di Urbino (1465–72) di Piero della Francesca. L’autoritratto, genere quasi sconosciuto nel mondo antico, trova terreno fertile nel Rinascimento e incredibile diffusione nel Novecento, quando la rappresentazione del sé diventa strumento utile all’analisi introspettiva. L’esigenza di parlare della propria vita ha indotto molti artisti moderni a inserire cenni autobiografici nei propri lavori. In La nascita dei desideri liquidi (1931–32) di Salvador Dalí, il rimando a Guglielmo Tell, archetipo dell’aggressività paterna, è un riferimento alla figura del padre dell’artista, contrario alla relazione tra quest’ultimo e Gala Eluard. Dalí annota gli stessi conflitti negli scritti degli anni ’30, mentre di altro tenore è Diario di un genio (1952–63), in cui l’artista si autodefinisce “genio moderno”. I due testi evidenziano la doppia natura di Dalì, quella intima e l’altra “ufficiale”, irriverente e controversa. Anche Pablo Picasso mette a nudo sé stesso in scritti in cui svela la personale visione di mondo ideale. Amedeo Modigliani scrive lunghe confidenze alcune delle quali, commoventi, predicono la sua tragica morte. Il Diario (1944–54) di Frida Kahlo narra una vita tormentata e presenta acquerelli bellissimi, in un libro prezioso e personale. Anche Peggy Guggenheim racconta le proprie vicissitudini e l’ambiente culturale del secolo scorso in Una vita per l’arte (1960), libro intenso e avventuroso, di grande valore storico. 

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