TEMPO

Il tempo è una dimensione invisibile e impalpabile dell’esistenza umana, di cui tutti gli esseri viventi fanno inevitabilmente esperienza e a cui nessuno può sottrarsi.

Nonostante si tratti di un fenomeno incorporeo, fin dall’antichità l’uomo si è posto il problema di misurarlo nel tentativo di gestire gli eventi o, almeno, di prenderne coscienza. Per farlo, era solito alzare gli occhi al cielo e osservare i fenomeni astronomici. L’albeggiare e il calar del sole, solstizi, equinozi o fasi lunari sono alcuni di quei primi eventi ciclici che l’uomo ha usato per misurare il tempo, stabilire calendari e assecondare la propria necessità di certezze e punti di riferimento. Bisogna attendere la rivoluzione scientifica del XVII secolo e gli studi di Galileo Galilei (1564-1642), basati sull’osservazione dell’oscillazione del pendolo, per arrivare a guardare al tempo come a un parametro misurabile rispetto al moto. 

Il tempo è una grandezza fisica di cui il secondo è l’unità di misura fondamentale, un intervallo di tempo brevissimo corrispondente alla 86.400ª parte del giorno solare medio. Il concetto, già elaborato nella fisica classica, subisce un cambiamento rivoluzionario all’inizio del XX secolo con la Teoria della relatività di Albert Einstein (1879-1955), lo scienziato che per la prima volta abbandona l’idea del tempo assoluto attribuendogli un carattere relativo. La misura del tempo è infatti messa in relazione allo spazio, con cui costituisce un sistema a quattro dimensioni. Nel tentativo di rappresentare il tempo, inteso come la quarta dimensione, gli artisti cubisti esprimeranno il loro modo di osservare la realtà rappresentando la visione totale delle cose da più punti di vista, come se fosse una ripresa a 360° in un lasso temporale.

Nel corso dei secoli, le teorie di filosofi, letterati e scienziati fanno emergere da una parte una concezione lineare del tempo – che presenta un susseguirsi regolare di fatti – e dall’altra una concezione ciclica – che prevede il ripetersi di eventi, in una scansione periodica e ricorrente.

La ciclicità del tempo ispira Timeo (360 a.C.), un testo in cui il tema viene affrontato in tutta la sua complessità da Platone (427-347 a.C.), che definisce il tempo “l’immagine mobile dell’eternità”, in quanto traduce il movimento e il susseguirsi delle stagioni e al contempo quell’immutabilità propria dell’eterno. Secondo i filosofi pitagorici e stoici il tempo è il ritmo e l’ordine del movimento cosmico. Questo pensiero, dapprima abbandonato in età moderna, viene ripreso a distanza di secoli dal filosofo Friedrich Nietzsche (1844-1900) con la Teoria dell’eterno ritorno rappresentata dal serpente che si morde la coda, secondo cui il corso degli eventi si ripete in maniera identica e ciclica. 

Oltre che da fattori ambientali, il tempo può essere determinato anche da fattori psicologici.

Già in epoca tardo-antica, il cristiano Agostino (354-430) scrive del tempo interiore inteso come “misura dell’estensione dell’anima”. Molti secoli dopo, Henri Bergson (1859-1941) parla del Tempo della coscienza, una dimensione soggettiva presa in esame nelle riflessioni psicologiche di Marcel Proust (1871-1922) in Alla ricerca del tempo perduto (1913-27), ma anche in Ulisse, 1922 di James Joyce (1882-1941).

Se nel romanzo Gita al faro (1927) di Virginia Woolf (1882-1941) il tempo viene dilatato in termini psicologici, nella pièce teatrale Aspettando Godot (1952) di Samuel Beckett (1906-1989) il tempo diventa una dimensione esistenziale di attesa incessante, in cui le coordinate spazio temporali non esistono più.

Questo sentirsi perennemente in un tempo sospeso contraddistingue la nostra epoca moderna, soprattutto in relazione alle guerre mondiali, e ha ispirato sia paesaggi metafisici di Giorgio De Chirico (1888-1978) quanto le piazze disadorne di Alberto Giacometti (1901-1966). 

La persistenza della memoria (1931) è tra i dipinti più famosi di Salvador Dalì (1904-1989), in cui sono raffigurati degli orologi liquefatti a rappresentare l’aspetto inafferrabile del tempo, il cui scorrere è percepito in maniera diversa da ciascun individuo. 

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