Il disegno è una delle più antiche forme di espressione umana. La necessità di lasciare un segno del proprio passaggio su questo mondo è considerato, infatti, qualcosa di innato e di ancestrale.
Lo si capisce dagli autentici capolavori di pitture preistoriche rupestri risalenti a più di trentasettemila anni fa che costituiscono le prime forme d’arte dell’umanità. Ancora prima, nel Paleolitico, l’homo sapiens incide sulle pareti delle caverne dei segni non figurativi più o meno stilizzati, tracce di un proto-linguaggio scritto che manifesta la volontà e la necessità di comunicare. Dalle incisioni su tavole di argilla dei Sumeri ai papiri e alle pergamene, dalle pitture colorate Maya fino alla calligrafia cinese, dai disegni sui vasi greci agli affreschi pompeiani: sono innumerevoli gli strumenti e i supporti con i quali, per assecondare il proprio bisogno espressivo, le civiltà antiche si sono raccontate con segni stilizzati o creazioni più complesse.
Nel contesto europeo, il disegno ha una vera consacrazione durante il Rinascimento quando diventa il fondamento di tutte le arti visive. Ne Il libro dell’arte, 1390–1437, Cennino Cennini, che parla del disegno non come imitazione meccanica della realtà ma come “quello che è entro la testa”, consiglia di disegnare ogni giorno per allenarsi a eccellere e primeggiare nella propria produzione artistica. Leonardo Da Vinci (1452–1519), mosso dall’interesse per l’ingegneria e l’anatomia umana, è l’autore di una serie di disegni riconosciuti come opere d’arte assolute, per i loro valori tecnici ed estetici. Tra questi, si ricordano il disegno a penna e inchiostro intitolato Uomo vitruviano, 1490, che rappresenta le proporzioni e la simmetria del corpo umano; e il Cartone di Sant’Anna, 1500–05, disegno a gessetto nero, biacca e sfumino che, nonostante sembri un lavoro preparatorio, viene considerato un’opera finita. Quando altri maestri rinascimentali, come Piero della Francesca (1412–92) e Baldassarre Peruzzi (1481–1536), si cimentano nel disegno architettonico con pianta, alzato e sezione, anche la trattatistica specializzata del tempo usa il disegno per approfondire temi come la prospettiva e lo studio dei volumi.
Sebbene in architettura resti centrale, con il passare dei secoli il disegno inizia a perdere rilevanza nelle arti visive tanto che, alla fine del XIX secolo, l’Impressionismo arriva ad affidarsi a schizzi veloci per cogliere l’impressione dell’ambiente durante le sessioni di pittura all’aperto, en plein air. Nel XX secolo, per Vasily Kandinsky (1866–1944) il disegno è un processo filosofico e formale importante. Nel suo trattato Punto, linea, superficie, 1926, isola gli elementi essenziali dell’espressione grafica concentrandosi sul loro valore formale e sulla loro capacità espressiva, per così dimostrare che una composizione è, di fatto, un insieme di elementi astratti (in un disegno, è un insieme di espressioni grafiche; in un pezzo musicale, è un insieme di note).
Contestualmente, al Bauhaus, dove Kandinsky insegna, si sviluppa la disciplina del design, termine anglosassone che racchiude il concetto di “progetto” e “disegno”. Il design – applicato a diversi ambiti come l’architettura, la grafica o il web ad esempio – presuppone sempre un progetto o un disegno tecnico delle varie componenti. In architettura questo disegno veniva eseguito a mano con strumenti vari come righelli e squadre, venendo poi man mano sostituiti da programmi informatici denominati CAD (Computer-aided Design).
Il Surrealismo guarda, invece, al disegno come a uno dei tanti espedienti per dare spazio agli impulsi umani inconsci: così nascono i disegni automatici di Joan Miró (1893–1983), i disegni collettivi ottenuti con la tecnica del cadavre exquis, o i disegni realizzati con la tecnica del frottage, della decalcomania e del disegno con la corda di Max Ernst (1891–1976). Verso la metà del Novecento, nell’Espressionismo astratto e nell’Informale, il disegno si dissolve in gesti che producono segni: Lucio Fontana (1899–1968), Jackson Pollock (1912–56), Emilio Vedova (1919–2006) sono alcuni nomi di tutti quegli artisti che non hanno più la necessità di disegnare, piuttosto sentono il bisogno di tracciare sulla tela un gesto, un segno o di esprimersi attraverso il movimento e l’uso del corpo.