La percezione è definita come uno dei processi cognitivi della mente umana, in grado di elaborare una serie di informazioni rispetto all’ambiente in cui viviamo. La presa di coscienza della realtà è, infatti, un’azione complessa che parte da stimoli sensoriali come la vista o il tatto, poi rielaborati attraverso i processi intellettivi e psichici dell’atto del percepire.
Così, il cervello può mettere in ordine, in maniera organizzata, informazioni che i nostri sensi sono in grado di fornire solo parzialmente: ad esempio, possiamo percepire la tridimensionalità di un oggetto nonostante l’occhio umano recepisca solo la sua bidimensionalità; possiamo percepire la fonte di un forte odore anche se non la si vede; possiamo percepire emozioni, come tensione o paura, anche se ascoltiamo parole apparentemente rassicuranti. Il tema della percezione visiva, collegato a quello della psicologia della forma della Gestalt, è stato affrontato nella seconda metà del XIX e soprattutto nel XX secolo da artisti come Georges Seurat (1859–1891) o Vasily Kandinsky (1866–1944) che hanno posto al centro della propria pratica l’occhio di chi guarda e le rielaborazioni mentali di ciò che viene osservato. Dalle ricerche e dagli studi scientifici di ottica dell’inizio del XX secolo, approfonditi anche da Marcel Duchamp (1887–1968) quando realizza i dischi rotanti, Rotoreliefs, nascono le premesse della corrente ottico-cinetica. Questo movimento artistico, attivo soprattutto negli anni ‘60 e ‘70, si propone di coinvolgere in maniera totale chi osserva, ponendo la percezione visiva al centro dell’esperienza.
L’Arte Optical arriva in Italia negli anni ‘60, quando a Padova si sviluppa la scuola di psicologia della percezione che rende la città un importante luogo di incontro tra esponenti del mondo dell’arte e psicologi e scienziati. In questo contesto nasce il Gruppo N con Alberto Biasi (n. 1937), Toni Costa (1935–2013) o Marina Apollonio (n. 1940), artista che Peggy Guggenheim sostiene acquistando l’opera Rilievo n. 505, 1968 c. Le opere Optical che realizzano – grazie a figure geometriche e accostamenti particolari di colori e per mezzo di un'impostazione programmata e governata dalla matematica – sono in grando di generare sensazioni di movimento e di instabilità percettiva.
Si parla di instabilità percettiva anche in riferimento agli espedienti sinestetici, come quando il futurista Giacomo Balla (1871–1958) usa linee frammentate o intersecate, oppure particolari elementi grafici puramente visivi, capaci di evocare il rumore roboante di un’auto in corsa. La percezione può essere dunque ingannata con le cosiddette illusioni percettive: questo accade quando i dati sensoriali vengono interpretati dalla mente scorrettamente o in maniera sorprendente. Si parla, dunque, di illusioni ottiche quando ad essere fuorviato è l’apparato visivo, ma possiamo ingannare anche l’apparato uditivo con le illusioni acustiche, che si verificano quando alcuni suoni percepiti non vengono elaborati lucidamente dalla mente: ne è un esempio la Scala Shepard, tono che sembrerebbe, ma non è, eternamente ascendente o discendente.
Il termine illusione – derivato dal termine latino illusio che significa errore – viene usato anche per evocare visioni oniriche o rifugi fantastici. Questa concezione pervade la poetica di artisti surrealisti come Salvador Dalí (1904–1989) o René Magritte (1898–1967), nelle cui opere accostamenti inattesi tradiscono la primissima percezione, ingannevole e illusoria, che tutto sia verosimile e “normale”. A un occhio attento, i paesaggi surrealisti risultano fantastici, talvolta allarmanti, tanto da generare nello spettatore un magico istante di sorpresa e stupore che contraddistingue la percezione delle loro opere.
Il percorso “Percezione e illusione” è ispirato alla mostra “Marina Apollonio. Oltre il cerchio” che la Collezione Peggy Guggenheim presenta dal 12 ottobre 2024 al 3 marzo 2025.