Sogni e Utopie
Sogni e Utopie

Durante le varie fasi del sonno si verificano delle attività mentali capaci di invocare sensazioni visive che, al risveglio, si ricordano a malapena e in maniera non sempre dettagliata e coerente. Si tratta dei sogni. Nell’Occidente antico si riteneva che i sogni fossero rivelazioni divine, premonizioni del futuro o messaggi provenienti dall’aldilà. Le manifestazioni oniriche raccontate nei poemi epici, talvolta premonitrici altre volte menzognere, anticipano la dimensione rivelatoria dei sogni danteschi, così come le visioni immaginifiche delle poesie sui sogni scritte da Giacomo Leopardi (1798–1837), Giovanni Pascoli (1855–1912), Giuseppe Ungaretti (1888–1970).

Tali credenze hanno influenzato profondamente la percezione dei sogni nelle tradizioni popolari, nonostante già nei tre trattati di Aristotele del IV secolo a.C. il sogno venisse definito come un fenomeno psicologico in grado di restituire alla mente, in forma visiva, gli stimoli ricevuti durante la veglia. Il concetto del sogno come fenomeno psicologico torna centrale nelle fondamentali teorie novecentesche di Sigmund Freud (1856–1939). Nel volume L’interpretazione dei sogni, 1900, opera rivoluzionaria che segna la cultura moderna occidentale, Freud scrive: “Il sogno è la via maestra per esplorare l’inconscio”. Nelle sue teorie, infatti, i sogni sono concepiti come l’espressione di traumi subiti nel passato o come rivelazione di desideri e informazioni provenienti dal profondo della psiche umana. La psicanalisi, scienza che si occupa dello studio e della cura della psiche e quindi anche dell’inconscio, ha affascinato e segnato profondamente il mondo moderno, tanto da influenzare vi maggiori movimenti storico-artistici del XX secolo – come Surrealismo ed Espressionismo – che vedevano nell’arte una forma di libertà, utile ad esprimere anche le pulsioni umane più recondite o appunto inconsce.

Quando il concetto di sogno viene impiegato metaforicamente come sinonimo di desiderio, ambizione o aspirazione, si entra in ambiti non più afferenti al sonno e all’inconscio. Il 28 agosto 1963, al termine di una manifestazione tenutasi a Washington in favore dei diritti civili, Martin Luther King (1929–1968) invoca i principi di uguaglianza e libertà pronunciando un discorso che comincia con “I have a dream” nel quale parla del suo sogno, inteso come desiderio di vivere in un mondo ideale, un posto in cui le persone non siano giudicate per il colore della pelle. Per esprimere questa ambizione usa la parola “sogno” nella sua accezione di visione di non facile attuazione.

Questa aspirazione verso un ideale si definisce utopia, termine composto dalle parole greche οὐ “non” e τόπος “luogo”, coniato nel 1516 dallo scrittore Tommaso Moro (1478–1535) nell’opera intitolata appunto Utopia. L’autore parla di un “luogo che non esiste”, un’isola fittizia abitata da una società ideale. Sul piano politico-filosofico, già Platone (IV sec.a.C.) aveva formulato un assetto utopico di uno stato ideale nella sua opera La Repubblica. Le idee espresse da Platone sono spunto per il trattato La città del sole, 1602, del frate filosofo rinascimentale Tommaso Campanella (1568–1639), che presenta un assetto utopico di una comunità ideale il cui fondamento è la comunione dei beni. Questo concetto filosofico rinascimentale di utopia è rappresentato anche visivamente in alcuni dipinti, come Città ideale, 1480–1490, opera anonima che raffigura un edificio a pianta centrale, sede di una comunità perfetta. 

Nella prima metà del ‘900, si afferma invece il concetto di “distopia” – esatto opposto di “utopia” – che indica un luogo non ideale, non auspicabile. Se in letteratura si ricordano le narrazioni distopiche come Il mondo nuovo, 1932, di Aldous Huxley (1894–1963) e 1984, pubblicato nel 1949, di George Orwell, nelle arti visive, una sorta di distopia è evocata dai paesaggi metafisici di Giorgio de Chirico (1888–1978), desolanti e ambigui, che si contrappongono alle città ideali rinascimentali: le piazze deserte sono gli scenari vuoti e sinistramente silenziosi dei dipinti metafisici che ben esprimono la sensazione di alienazione e la perdita di fiducia nel futuro dell’uomo dello scorso secolo.