Il bianco è l’inizio della vita

Nome della scuola:

Istituto delle Suore delle Poverelle – Istituto Palazzolo

Docenti responsabili:

Vania Pizzato

Numero di studenti coinvolti:

Diciotto persone residenti con disabilità sia fisiche, sia cognitive a vario livello

Premessa

Il progetto dedicato al tema BIANCO si è avvalso di molteplici sfaccettature che hanno favorito il coinvolgimento di molte persone residenti nella struttura dell’Istituto Palazzolo, oltre che all’opportunità di poter declinare il percorso con tematiche diverse a seconda dell’artista preso in considerazione e delle abilità ed interessi insiti nei protagonisti del progetto. Si è così dato voce al “BIANCO” attraverso l’esplorazione degli oggetti che sono presenti nella nostra quotidianità, dagli oggetti d’uso comune, all’abbigliamento, alle opere di alcuni artisti che ci sono vicini a livello territoriale. A come esso sia così presente nell’iconografia religiosa – l’Istituto Palazzolo è una realtà religiosa che fa capo all’ordine delle Suore Poverelle del Santo Luigi Palazzolo di Bergamo – e fortemente radicata nella storia del paese di Rosà, dove si trova la struttura. Si è svolta un’attenta ricerca delle opere di alcuni artisti che, per motivi logistici di materiali, o per scelta di ricerca, hanno lavorato con i materiali bianchi: in particolare lo scultore A. Canova messo a confronto con H. Laurens e Fausto Melotti. Ma anche le sculture di Tony Cragg sono state oggetto di un’attenta ricerca; si è data una particolare attenzione agli oggetti d’uso e al loro riutilizzo in un contesto sia artistico di valorizzazione di un oggetto “anonimo”, sia per il loro valore nella quotidianità e come essi siano fondamentali per rendere più fruibile il nostro vivere giornaliero. Ad essi si sono affiancati i lavori di E. Castellani e E. Chillida; ciò che più ha interessato del loro lavoro sono i materiali che essi hanno utilizzato per creare superfici in movimento, facilmente reperibili e utilizzabili anche da chi non ha particolari competenze artistiche. Nel lavoro in carta di Chillida si è riusciti a coinvolgere un gruppo di residenti con abilità motorie ridotte attraverso la creazione di fogli in carta riciclata – lavoro che queste persone svolgono già da tempo nel laboratorio ad esso dedicato – e a realizzare dei piccoli lavori in bassorilievo che hanno favorito lo sviluppo di un nuovo filone creativo.

 

Metodologia

Come indicato nella premessa si è posta particolare attenzione ai diversi tipi di materiali che permettono di concentrarsi sul tema del bianco, sia per gli artisti del passato (es. Canova A.), sia per gli artisti più vicini a noi nel tempo, come H. Laurent, Chillida E., T. Cragg ed E. Castellani. Ogni uno di loro si è confrontato di volta in volta con: l’argilla, il marmo, la carta, le varie tipologie di plastiche e così via. Per questo si è ritenuto indispensabile suddividere le opere prese in considerazione, e gli artisti stessi, in tre diversi gruppi collegati a loro volta a tre diversi gruppi di residenti. In tal modo si sono avviati i percorsi sul tema del BIANCO così suddivisi:

  1. L’argilla ed il marmo collegati ad A. Canova e H. Laurent
  2. La carta riciclata con le opere di E. Chillida e E. Castellani
  3. I materiali plastici, e non, rivolgendo uno sguardo attento al lavoro di T. Cragg

Per il tema della scultura sono stati coinvolti tre residenti, il percorso ha avuto una tempistica più lunga rispetto agli altri due gruppi in quanto è iniziato a gennaio per concludersi a fine aprile. Per il lavoro con la carta riciclata, trattandosi di un laboratorio già in essere nella struttura, al progetto si sono dedicati gli appuntamenti settimanali del mese di febbraio e alcuni del mese di marzo, dove sono stati protagonisti sei residenti. Per quanto concerne il recupero degli oggetti in plastica, e molto altro, ci si è concentrati da metà marzo fino al giovedì santo in aprile. Per questa ultima tappa sono stati protagonisti nove persone.

 

Nodi tematici

Ciò che ha contraddistinto questo progetto è stato proprio la sua suddivisione per tipologia di abilità insite nei residenti e il collegamento con i diversi artisti presi in considerazione. Per il gruppo che ha lavorato sul tema della scultura è emerso fin da subito una difficoltà oggettiva legata alla possibilità di poter lavorare con l’argilla per realizzare dei bozzetti scultorei. I limiti motori di alcuni dei tre residenti non permettevano il concretizzare tale obiettivo per cui si è optato per un lavoro bidimensionale utilizzando il collage quale mediatore favorevole per poter concretizzare un elaborato più immediato e gratificante dal punto di vista estetico. Il percorso è iniziato con la visita alla mostra dedicata alle sculture di A. Canova presso il Museo Civico di Bassano del Grappa. Il poter vedere dal vivo sia le opere in gesso, bianco, sia quelle in marmo (ovviamente bianco) ha consentito di valutare come ci siano non solo materiali diversi per realizzare sculture ma soprattutto come ci siano BIANCHI così diversi dove il materiale con cui vengono creati ne determina il risultato finale. Il passaggio successivo è stato improntato sul realizzare una personale scultura “smembrando” e “riassemblando” le opere di A. Canova, in fotografia, traducendole in un collage originale che non è solo unico, poiché l’attenta ricerca di ogni singolo elemento fisico ne ha determinato il suo comporsi in un’opera nuova, originale, intimistica ed ironica. Lo stesso modus operandi lo si è rivolto alla “Testa di ragazzina” di H. Laurens, dove ancora una volta il collage è diventato protagonista a pieno titolo di un lavoro ancor più personale in quanto si è approdati alla realizzazione di un autoritratto rinnovato, in perfetto stile cubista, quasi a rispondere alla domanda: come vorrei essere? L’attenzione posta ai lavori di E. Chillida in carta a bassorilievo ha consentito di rendere protagonisti un gruppo di sei persone le cui abilità motorie e cognitive sono ridotte, ma che in un contesto di laboratorio strutturato, ed avviato da tempo - dove sono protagonisti a pieno titolo - ne ha favorito il concretizzarsi di un nuovo modo di fare carta riciclata. Il risultato ottenuto è stato altamente gratificante poiché ha consentito di seguire un pensiero progettuale che è partito dalla realizzazione della carta, dallo sminuzzamento della carta bianca di recupero, alla messa a macero, al suo successivo setacciamento e realizzazione del foglio di carta vero e proprio. Questo ultimo passaggio è stato fondamentale per capire come fare un bassorilievo con metodi artigianali e con i materiali a disposizione in laboratorio. Le prove sono state tante, gli insuccessi pure, ma quando si è trovato, e capito, il materiale più idoneo e lo spessore della carta più appropriato, si è ottenuto il risultato fissato con grande soddisfazione di tutti! L’attenzione posta ai lavori sulle superfici di E. Castellani ha portato ad una scelta di “compromesso” relativa al materiale su cui poter sperimentare i sui movimenti di superficie. Il bianco è diventato un grigio specchiante in quanto la mediazione è stata determinata dal poter lavorare su una superfice sufficientemente rigida da permettere un intervento a pressione senza “forare” il materiale stesso. L’alluminio dei contenitori alimentari è diventata così la “tela” su cui poter concretizzare un lavoro fronte-retro, dove il movimento dato dalle incisioni – mai casuali, bensì progettate su carta precedentemente – ha dato vita ad un confronto tra le opere sulle superfici bianche di Castellani e il risultato di un lavoro di ricerca alternativa, direttamente ispirata dalla necessità di trovare soluzioni alternative ai limiti dettati dalla disponibilità di materiali ad hoc e da quelli oggettivi fisici motori. Il lavoro sugli oggetti bianchi di uso comune ha preso avvio da un’importante considerazione: la struttura residenziale ha una forte origine religiosa, dove si rispira fortemente la cultura cattolica di appartenenza dell’ordine delle Suore delle Poverelle di Bergamo e dell’operato a cui esse sono state chiamata a svolgere nel territorio rosatese.  Nell’osservazione dei lavori di T. Cragg è emerso come egli sia stato attento a dare un volto nuovo agli oggetti di uso comune: bottiglie, vasi, bicchieri, ciotole in vetro o altro materiale trasparente, sono i protagonisti dei sui “totem”. Questi oggetti, di uso quotidiano, sono diventati i soggetti principali di un percorso che ha trovato il suo momento di chiusura il giovedì santo, 3 aprile 2023. E’ noto che in questo giorno inizia il Triduo Pasquale, in assoluto il periodo più intenso della liturgia cattolica cristiana, e per questo particolarmente sentito in struttura. Si è concentrata l’attenzione sull’ultima cena che Gesù condivide con i suoi amici discepoli e di dove essi condividono questo pasto. La tavola, di fatto, è il luogo in cui ogni famiglia si riunisce, in cui si dialoga, si discute e ci si confronta. A questa tavola è stata dedica particolare attenzione: dalla ricerca degli oggetti, al loro uso, a come sono disposti. Ci è venuto in aiuto, per meglio comprendere chi si siede a tavola ieri come oggi, un lavoro del fotografo francese G. Recinard. Egli si è ispirato all’ultima Cena di L. da Vinci; in questa gigantografia vediamo un gruppo di persone attorno ad una tavola, bianca, abbondantemente apparecchiata. I commensali si snodano a destra e a sinistra di un personaggio vestito di bianco (Gesù?), ma ciò che li caratterizza è la loro contemporaneità. Sono uomini e donne di oggi, con i loro pregi e difetti, con il loro personale modo di vestirsi e di conferire al loro aspetto fisico un che di unico e distinguibile. La trasposizione di questa tavola ai giorni d’oggi si è tradotta in una performance nella chiesa dell’Istituto, proprio il giovedì santo. I nove protagonisti del progetto, dopo aver recuperato tutto il materiale per questo evento, si sono cimentati nella costruzione di un piccolo totem in perfetto stile T. Cragg. Questa mini scultura è diventata estemporanea in quanto i vari oggetti sono stati utilizzati per apparecchiare una tavola, davanti all’altare, che volutamente simboleggia lo stare insieme a Gesù come suoi amici. Una metafora tra ieri e oggi, dove i confini non sono quelli religiosi ma di più ampio respiro in quanto l’aver utilizzato tutti materiali bianchi significa valorizzare ciò che ciò di buono nell’essere umano: l’amicizia, la condivisione, l’amore per l’altro, lo stare insieme. Ma anche il significato stesso del bianco: la sua purezza e trasparenza. Questo ultimo percorso sul tema del BIANCO, pur essendo stato breve, ci ha particolarmente coinvolti in quanto è stato “sentito” e condiviso, da tutte le persone che sono state partecipi a questa performance in qualità di spettatori nella chiesa dell’Istituto, quale luogo di pace e meditazione della comunità.